mercoledì 30 novembre 2016

A Maddalena

Cara Maddi,
questa notte ti ho sognata. Stavi nascendo, eri piccola, stavi sul palmo di una mano: eri prematura, troppo prematura. Ti chiamavamo, appunto, Maddalena.
Mi sono svegliata e non riuscivo a respirare, ho provato a svegliare papà, ma senza risultati. Mi sono riaddormentata dopo un po' ed era estate. Noi due con i tuoi fratelli stavamo in piscina a casa dello Zio Federico, la casa nuova in cui andrà ad abitare fra poco.
Maddi ti ho sognata e tu sei la figlia che io ho paura di avere. Con papà spesso parliamo di avere un altro bambino, ma poi taglio corto dicendo che ancora non me la sento, perché non voglio che si ripeta quello che è successo a tua sorella Margherita.
Maddi Maddi, la mamma trema al pensiero che un'altra bambina possa rischiare di morire ed allora preferisce non fare, non osare e a volte non pensare.
Non sporcarsi le mani è una via mediocre, la mamma lo sa.
La mamma invidia tutti quei genitori che hanno il coraggio di riprovare nonostante il dolore sperimentato, di mettersi nelle mani di Dio fidandosi. Dio perdonerà una figlia  che non riesce più a fidarsi, perché nessuno può confermarle che quello che è successo a Margherita non si ripeterà più. Nessuno lo dice, perché la possibilità non é esclusa.
 La mamma si chiede spesso come facciano le coppie con un vissuto doloroso a riaprirsi alla vita.
Cara Maddi, non sai la sofferenza che abbiamo vissuto, sperimentato, quante ferite, quanta solitudine, quanto non amore, quante lacrime, quante parole non dette, quante grida silenziose sono passate sulla pelle della mamma e del papà quando Margherita stava male. 
La vita, però, riserva grandi sorprese ed alla fine tua sorella ce l'ha fatta: è il nostro piccolo miracolo. Chissà Maddi se tu sarai il prossimo?
I tuoi fratelli ti aspettano, chiedono un fratellino, Edoardo, ma credo che una sorella o un fratello siano, a prescindere dal sesso, un grande dono e una grande ricchezza, per tutta la vita. I tuoi fratelli sono molto affiatati, estremamente diversi, molto affascinati per i loro caratteri, ma hanno un particolarità che li rende meravigliosi ai miei occhi: riempiono di amore la nostra famiglia sgangherata. Nei loro pensieri già esisti e ti amano.
La mamma ha solo da imparare dai tuoi fratelli e dal papà - un uomo di grande cultura e di amore perseverante.
La mamma spera di poter rompere le porte della paura e di poter accendere le lanterne della speranza. 
Maddi se un giorno arriverai ti chiamerai Celeste o Edoardo, ma se così non fosse spero che  l'amore che provo per te ti possa arrivare dalle braccia di un'altra mamma.

venerdì 18 novembre 2016

Questa notte il mio cuore mi è venuto a cercare

Alle 3.00 questa notte il mio cuore mi è venuto a cercare.
Faceva male, si capiva che la sua meccanica si era inceppata.
Andava forte, andava piano.
Eravamo io, il mio cuore ed un letto freddo.
Sto per morire, ho pensato.
"Ma che cazzo dici" ha risposto il cuore - "che non lo sai che sono difettoso?"
Da quando so che ho un problema al cuore, lo immagino come un orologio con le lancette.
"Serve un orologiaio", gli ho detto, "chiamo l'orologianza, l'ambulanza degli orologi?"
Non ha risposto. Era troppo concentrato sulle sue meccaniche, per ottimizzare al meglio le forze.
Maledetto archibugio.
Siamo rimasti così in silenzio, io ed il mio orologio.
Ormai erano le 3.40 e sentivo le sue lancette impazzite.
Mi sono messa a piangere, nella solitudine di una notte.
Ho pianto un po' e poi l'orologio si è di colpo assestato.
Le sue lancette sono ritornate a battere normalmente.
Ho respirato forte.
Ce l'abbiamo fatta, anche stavolta.
"So di averti fatto male", ha sussurrato.
"No, ma si figuri eh, faccia pure che io mi diverto".
"Fai poco la spiritosa, ti son venuto a cercare stanotte, perché potessi gridare, ingrata".
Pure ingrata.
"Che gridare e gridare! Non avevo manco il fiato!"
"Ti sono venuto a cercare per ricordarti che è il caso che ricominci a donare te stessa senza pensare alle conseguenze, che ti riapra un tantino alle emozioni del mondo".
Tutto sto casino per sentire; non si poteva trovare un altro modo, meno invasivo?
L'ho mandato affanculo minacciandolo che se ci riprova lo porto a Porta Portese e lo baratto.
Su una cosa ha ragione: quando ho pianto ho sentito di essere ancora viva. Stanotte ho viaggiato sui binari della paura e ho provato una gran voglia di vivere, non di sopravvivere.



domenica 13 novembre 2016

Una ragazza fastidiosa

Con il tempo ho maturato una certa repulsione per le "avversative", per il semplice fatto che la gente ne abusa sottolineando in maniera spropositata situazioni in contrasto con quanto affermano nella frase precedente o con quanto ci si aspetterebbe in base ai comportamenti comuni. Provo fastidio sopratutto per le "coordinate avversative", quelle introdotte dai "ma" e dai "però".
Questo fastidio nasce nel giorno in cui mia mamma tornó dal primo colloquio con le mastre a scuola.
Ancora me lo ricordo, mi aveva lasciata a casa con mio fratello e mia zia. Io non vedevo l'ora che tornasse perché volevo sapere se la mia diligenza nello studio fosse degna di essere lodata.
"Allora mamma che hanno detto le maestre?" - chiedo in un inverno del '93.
"Dicono che sei brava, ma che piangi troppo.Sei un po' piagnona vero'".
Lo disse ridendo mia mamma. Dentro di me saliva una voglia di urlare che io piangevo perché non riuscivo in alcune cose, che era frustrante avere un nome e cognome lungo e che volendolo scrivere bene, preciso e perfetto, ci mettevo tanto tempo, mentre gli altri erano rapidi rispetto a me.
I colloqui con i miei insegnanti sono stati un fiume di avversative: "la ragazza è brava, ottimi risultati, ma...".
Ci dovevano mettere sempre qualcosa del mio carattere: è permalosa, si offende, piange se prende 5.
Ditemi voi poi, cosa c'entra infilare una cosa relativa alla sfera personale se stiamo parlando di rendimento.
"É brava, va bene a scuola". Punto.  Bastava finire la frase così, per poi iniziare un altro discorso. Come se l'esser brava a livello scolastico dovesse andar di pari passo con un carattere o un modus operandi diligente.
I colloqui alle superiori li faceva sempre mio papà. Un modo per essere presente nella mia vita, dopo 15 anni di assenza per motivi di lavoro.
Un'insegante gli disse: "su Veronica niente da dire, guardi il registro, ma ha un carattere!"
Eh già il carattere é direttamente proporzionale all'andamento: bravo a scuola=ragazzo perfetto. Inoltre, anche su questo termine "bravo" vorrei farci una riflessione prima o poi. Qui lo useremo   in maniera impropria (cosa significa essere bravo veramente?).
Quando papà é tornato da quel colloquio mi ha fatto sedere in cucina, mentre la mamma stava preparando la cena e disse:
"senti Vero', mo fai 18 anni, non ci siamo riusciti fino ad ora a contenere alcuni lati del tuo carattere, non credo ci riusciremo più. Per cui ti dico, ricorda sempre che ci vuole: educazione, rispetto e diritti. Scegli tu in che ordine metterli".
Questo ricordo é tutt'oggi accompagnato dal profumo di frittata che mamma fece quella sera.
Mio padre in quasi 30 anni di vita non ha mai pronunciato la parola "brava" in mia presenza, ma mi ha donato qualcosa che vale molto di più: la chiave per indirizzare alcuni aspetti del mio carattere. Il segreto regalatomi è riassumibile in "combatti per il rispetto dei tuoi diritti con educazione".
Ancora oggi, mi sento dire "sei brava,ma" e dentro di me rido perché so di essere  brava, ma fastidiosa. Do fastidio perché non mi piego e perché parlo chiaro. Hanno provato in molti a farmi smettere di essere fastidiosa, ma neanche i miei sono riusciti in questa impresa. Sappiate quindi che continuerò a darvi fastidio.