lunedì 10 luglio 2017

Di tutti i no peggiori.

Ultimamente si è tentato di eliminare l'accezione negativa della parola "NO", arricchendola di un significato positivo quando accompagnata da un costrutto con finalità educative. I famosi "No che aiutano a crescere".

Nonostante questo cambiamento, credo che il "no" seguito da alcune parole conservi ancora la sua amarezza e crudezza. Di tutti i no motivati i peggiori sono:
- "No, non è il momento";
- "No, adesso no";
- "No, ora non e il caso".

Queste tre frasi trasmettono l'idea che c'è sempre qualcosa di più importante rispetto al nostro interlocutore, che quello che c'è da condividere, costruire o semplicemente comunicare può aspettare.
Chi vuol mettersi in relazione con noi, che potrebbe aver bisogno di noi, che vorrebbe vivere sogni con noi può "attendere prego".

Pensiamo a questa situazione in un rapporto di coppia.
Quanto può fare male vivere nell'attesa?
Quanto può ferire e demolire il non ascolto (non dico la costruzione) di un sogno che l'altro vorrebbe condividere con noi?
Quanto può farci sentire soli il fatto che cose o altri siano prioritari per chi amiamo e dice di amarci a sua volta?

Sento storie di donne, perché siamo soprattutto noi a vivere questo dislivello, che a cose importanti - come il desiderio di una famiglia - ricevono uno o tutti e tre i no sopracitati.
Mi chiedo: se non ora quando? Quanto tempo pensiamo di avere ancora a disposizione, che rimandiamo e ci dimentichiamo di chi abbiamo vicino?

Il tempo è oggi, ora, il presente. 

Un tempo che non tornerà e che potremmo rimpiangere.
Tempo che perdiamo e che potrebbe non regalarci sogni da realizzare.
Tempo che cediamo alla paura e non alla vita.
Proviamo a non dire "no, ora non é il caso", eviteremo di demolire chi vi sta vicino.
Prendiamoci piuttusoto cura di chi in quel momento ha bisogno semplicemente del nostro ascolto, dandogli un po' di tempo. Ne Usciremo edificati.



venerdì 7 luglio 2017

Ho visto due ragazzi che si amavano


Mercoledì pomeriggio sono tornata da Roma. Sono rientrata a casa, ho fatto la doccia e sono uscita di nuovo a passeggiare per le ridenti vie al catrame del mio quartiere.
Sono andata al parco.
Ho camminato, ma era caldo e mi sono seduta su una panchina (saranno forse i trent'anni che si fanno sentire?!)

Lì il mio sguardo si è fermato su due ragazzi uno di fronte all'altro, poco lontani da dove mi ero seduta.
Hanno subito catturato la mia attenzione per la dinamica in cui erano coinvolti.
Lui - sguardo profondo - provava a parlarle, lei ricambiava con occhi da fera.
Ho pensato "caro mio, adesso te le fa pagare tutte: dal principio ad oggi. Buona fortuna!"

Ho continuato ad osservarli.
Sguardo profondo ha provato ad avvicinarsi a lei in mille modi.
Occhi da fera proprio impassibile. Penso avrà detto una decina di NO con le braccia incrociate.

Mi sono chiesta se fossero amici, se stessero insieme, che facessero, quanti anni avessero, perché lei fosse così dura con lui, chi avesse ragione chi no.

Ne frattempo che volavo con le domande, i due miei oggetti dell'osservazione avevano smesso di parlare. Erano però sempre uno di fronte all'altro, vicini. Di quella vicinanza che ti puoi toccare ma non riesci a sentire il respiro dell'altro.

Ho capito allora che fra loro c'era qualcosa.

Sguardo profondo ha guardato occhi di fera.
La guardava e gli diceva tutto quello che prima con le parole non era riuscito a dire.

Occhi di fera allora ha sciolto le braccia e gli ha permesso di avvicinarsi.

Lui si è avvicinato piano e gli ha preso il viso fra le mani.
Lei gli ha preso le mani.
Si sono scrutati l'anima.

Ed io mi sono commossa 
perché dove non arrivano le parole arrivano i gesti,
perché lui è stato tenace,
perché lei si è difesa, ma lo ha lasciato entrare,
perché si sono sentiti prossimi,
perché sono rimasti.

Perché semplicemente ho visto due ragazzi che si amavano.