venerdì 30 settembre 2016

Venerdì con il vuoto cosmico

Sono le 19.00 di venerdì, ti accorgi che non hai piu carta igienica.
Gabriele ha detto che sarebbe tornato alle 19.00, ma lo sai che come minimo potrebbe tornare fra mezz'ora, come massimo fra un'ora e più.
Infatti rincasa alle 19.30.
Prendi ed esci, vai da Acqua&Sapone sperando che non abbia chiuso. 
È aperto, entri e ti ritrovi di fronte allo scaffale della carta igienica.
Siete tu, le due commesse ed una donna sulla quarantina.
Guardi le miliardi di confezioni di carta igienica: quella di marca, sotto marca, sotto sotto marca, quella che costa più e quella che costa meno, quella con il packaging più colorato e quella con il desing plebeo.
Sei lì di fronte ad un mare di carta, che serve fondamentalmente per pulirsi il culo e ti viene da piangere.
Ma che cazzo succede?
Veronica, devi solo prendere una scatola con dei rotoli di carta igienica.
Rimani lì immobile a pensare al vuoto cosmico in cui vivi. Perché nonostante lavori la mattina tutti i giorni più due pomeriggi ed il restante dei pomeriggi li passi a potare i tuoi figli agli allenamenti o stai con loro, sei scout ed hai il tuo servizio, ti occupi della casa e di un blog, sei circondata da persone, comunque sentì il vuoto cosmico salirti dentro. Ti chiedi perché non riesci quasi mai a trovare il tempo neanche per una ceretta, visto che sei in modalità orso marsicano o per una qualsiasi stupidissima cosa che sia per te e solo per te. 
Ti chiedi perché ti senti arenata, affossata; ti domandi se i sogni che tiri fuori e richiudi subito dopo nel cassetto sia giusto inseguirli e dargli forma oppure se sia il caso di gettarli nel cestino.
 Se bisogna osare o perseverare nella strada intrapresa.
Mentre elabori questo coacervo di pensieri realizzi che ti devi muovere, perché Gabriele alle 20.15 se ne va ad una riunione scout e maledici gli scout, perché sono malati di riunioni, soffrono della sindrome del fare e fissano riunioni quando in centro c'è Sharper, al quale non saresti comunque andata. 
Rifletti anche sul fatto che questa settimana ti è andata bene: sei stata da sola solo tre sere, che aggiunte alle ore diurne fanno quasi tre giorni. Concludi che ti sei rotta i coglioni di stare da sola, ma che via questa settimana sono stati solo tre quasi giorni. 
Alla fine afferi il pacco di carta igienica, quello con la confezione rosa, il tuo colore preferito, vai alla cassa e paghi con gli occhi rossi ed il mascara colato.
Sali in macchina, voli verso casa, scendi, sali le scale, entri, saluti e posi il bottino: nessuno si accorge che hai pianto.
Prendi il tuo vuoto cosmico sotto braccio, perché stava dietro di te da quando eri al negozio e ti rassegni al fatto che forse, funziona così.

martedì 27 settembre 2016

Il bon ton della lingua lunga

Carissimi/e lingue lunghe ovvero carissimi tutti noi,
questo post é per ricordarci che il parlar male del prossimo non é cosa buona, né tanto meno giusta. 
Mia nonna diceva che ferisce più una parola che un colpo di spada, attualizzando, potremmo dire che ferisce più una parola che un bel cazzottone sui denti. Perché direte voi, stiamo ancora appresso ai detti popolari? Perché mentre i denti si rimettono a posto, il male che provoca una parola o una maldicenza rimane per sempre, diventiamone consapevoli.
Siccome, però, ci piace troppo sparlare dell'altro, far pettegolezzo e credo che la nostra natura umana non possa farne a meno, cerchiamo di limitare i danni usando delle semplici regole:
1) verificare sempre che nei paraggi non ci siano persone che conoscano l'interessato/a della "chiacchierata", sapete a far figure di merda é un nano secondo oltre che si corre il rischio che il tutto possa essere riferito al diretto interessato con aggiunta di particolari non citati;
2) evitare di parlar male di altri in presenza di chi non conosciamo, la nostra reputazione eviterà così di passare da 0 a -1000 , limitando altresì  il rischio che gli sconosciuti possano riferire all'oggetto della conversazione il nostro "bene dicere", perché guarda un po', lo conoscono;
3) recenti accadimenti, anche tragici, dimostrano come la tecnologia può sputtanarci: pensate voi se ci registrassero mentre sparliamo e passassero il contenuto della conversazione a colui che é al centro della stessa, la figura di merda sarebbe il minimo sindacale. Meditiamo gente, meditiamo;
4) riportare i fatti quanto più fedeli alla realtà. Non serve colorare, gonfiare le cose, tanto prima o poi chi ci sta di fronte scoprirà che abbiamo detto una stronzata e che siamo dei cazzoni sparacazzate.
Non voglio aggiungere altre accortezze, perché già riuscissimo a rispettare queste sarebbe fantastico, quanto meraviglioso sarebbe non doverle mettere in pratica.
Si sa che questa però è utopia.




mercoledì 21 settembre 2016

Confessioni ad un papà: Margherita ed il suo fidanzato



Lunedì sera Gabriele é tornato tardi, i bimbi si erano appena addormentati. A differenza mia, lui ogni volta che torna la sera dopo cena va in camera e gli dà un bacio sulla fronte.
Lunedì però Margherita si è svegliata e gli ha confidato un segreto.
Dopo averla riaddormentata Gabriele é tornato da me in cucina con passo felpato, mentre io stavo spazzando.
"Senti un po'" - mi fa - "Sai niente del nuovo fidanzato di Margherita? Certo G.S. (Ometto il nome per la privacy)?"
"No, ma non era R. Il fidanzato?" - domando a mia volta.
"Ma non era A. Il fidanzato?" - chiede perplesso.
"Credo che tu sia rimasto indietro", faccio.
Mi viene così da ridere che neanche immaginate, ma Gabriele è serio.
"Dobbiamo approfondire", afferma.
"Ma che vuoi approfondire! Manco lo saprà che sono fidanzati".
"Domani approfondisco".
Speravo scherzasse, invece faceva sul serio.
Ore 7.30 di martedì mattina: colazione.
Margherita ha appena inzuppato il suo primo biscotto nel latte. Siamo tutti assonnati, tranne Gabriele che sembra più vispo che mai.
"Senti Marghi, ma chi sarebbe G.S.?"
"Il mio fidanzato" - risponde.
Sta per svenire lo vedo, ha pronunciato la parola "fidanzato".
Riprende fiato ed incalza: "Viene a scuola con te?"
"No, è andato alla scuola dei grandi".
Siamo salvi dallo svenimento, meno male.
"Quindi non viene PIÙ  a scuola con te?"
Interviene Alessandro: "no papi, non hai capito che va alla scuola dei grandi?"
"Marghi comunque basta con questi fidanzati più grandi, troviamolo della tua stessa età"
Preciso che stiamo parlando di un bambino di 2 anni più grande...quale ars oratoria e quale sottigliezza nel pronunciare la parola TROVIAMOLO!
"Non sarà troppo presto per pensare a queste cose Marghi?" - continua.
Oh non molla stamattina, penso, sono le 7.40 di martedì e la treenne è già sotto interrogatorio.
"Amore basta", dico, "continui così ed a tredici anni ci scappa di casa".
"A tredici anni va in clausura dalle suore" - risponde e chiude.
Niente, Gabriele è geloso. Accettiamolo.

sabato 17 settembre 2016

"Ai Uanna bi": chi ero, chi sono, cosa sarò.



Chi è che alla materna non si è sentito chiedere: "che cosa vuoi fare da grande?".
A cinque anni rispondevo che "ai uanna bi" a maestra. 
Un grande classico di tutti i cinquenni: la maestra. 
Già alle elementari, però, avevo cambiato idea: ero indecisa se fare il comandante della Guardia Reale, ovvero Lady Oscar, oppure diventare una campionessa di pallavolo capace di rendere i palloni fluorescenti ed ovali come Mila Hazuki. 
Non sono diventata nessuna delle due e meno male, direi!
E' stato poi il momento delle medie ed ero convinta che "ai uanna bi" a psicologa. Mi ero presa così sul serio che analizzavo tutti, seguendo non si sa quale scuola di pensiero, semplicemente andavo a ruota libera e devo dire che mi veniva benone (chiamasi "il culo" del principiante), perché mi stavano a sentire. Riflettendoci bene adesso, forse non volevano dirmi che "scassavo la minchia" e si mostravano semplicemente gentili, ma..non facciamoci troppe domande.
Scuole superiori: zero carbonella.
Unica cosa compresa: le materie scientifiche non fanno per me. Infatti in cinque anni, di scienze ricordo solo il diagramma HR (nascita, vita  e morte di una stella), gli integrali non l'ho mai capiti e non mi sono riusciti, della teoria della relatività ricordo solo i disegni sul libro di fisica.
Alla fine del quinto avevo proprio chiaro che "ai uanna bi" qualcosa di umanistico.
Prendo filosofia!
- Ma che ci fai con filosofia? Vuoi fare la disoccupata?
Allora psicologia a Firenze?
- Non abbiamo i soldi per mantenerti fuori sede.
Scienze del Servizio sociale?
- Il mondo è pieno di assistenti sociali, su...
Scienze dell'educazione?
- Scienze dell'educazione.
Per me l'università è stato un triennio di amore per materie che parlavano alla mia vita, alla mia storia. E' stata una scuola di vita soprattutto.
Se dovessi scegliere, risceglierei Scienze dell'Educazione sempre.
Da li "ai uanna bi": educatrice.
Lo sono stata.
Disabili e nani da nido.
Le cose della vita mi hanno portato in un altro mondo ed allora "ai uanna bi" nel mondo della formazione.
Dal 2013 sono ancora qui, con appendice nel settore comunicazione.
Ma alla soglia dei 30 mi chiedo se "ai uanna bi" qualcos'altro. Se non sia giusto provare a realizzare qualche sogno che ho relegato nel cassetto e che ogni tanto sbuca fuori a ricordarmi che il tempo scorre ed il momento per vivere è ora.
Ancora, alla soglia dei 30 anni mi sveglio la notte e dico "ai uanna bi" felice. La mia felicità è fatta di tanti spicchi di un'arancia, ma mancano gli spicchi dei sogni non realizzati.
Non voglio arrivare ad avere il rimorso per quello che non ho fatto, ma che avrei potuto fare.
Ora è il tempo di fare, di progettare e provare a realizzare i miei sogni. Andrà bene? Andrà male? 
#esticazzi!
Potrò sempre dire di averci provato.


sabato 3 settembre 2016

5 anni.

"Vi dichiaro marito e moglie.
E vissero felici e contenti".
Non pensiamo forse tutti questo quando ci sposiamo o partecipiamo alla cerimonia di matrimonio di qualche amico?
"Che bello", "Che meraviglia"!
Si che bello un cazzo direi!
Perché nessuno lo dice abbastanza ma il matrimonio é una strada infinita fatta di salite, piane fra i boschi, discese a barutli, di nuovo salite mentre corri e ti manca il fiato, passeggiate sotto le stelle, discese mentre mangi un panino al salame,per poi ricominciare salita, piana e discesa. 
Oggi io e gabriele compiamo 5 anni di matrimonio e siamo felici, in un meraviglioso momento di Piana, perché il bello non é la discesa (preludio di una nuova salita), ma la pianura dove puoi andare ad un ritmo sostenibile, avendo la possibilità di poter osservare quali meraviglie ti circondano e chi sta condividendo questo percorso con te.
In cinque anni però molte salite e discese sono state affrontate: tante cose sono successe nel nostro matrimonio alcune belle ed altre meno belle.
Io amo definire la nostra storia una "storia compressa", in cui subito andavamo già a tutto gas: è arrivato Alessandro, poi una convivenza, un matrimonio ed una bambina l'anno dopo. 
Arco temporale 2 anni.
Tutto Fantastico  i primi mesi di matrimonio, poi quando incomincia LA VITA quella fatta di gioie e dolori, dove ti scontri con la sofferenza e la diversità, tutto diventa un po' meno pink ma un po' più dark.
Siamo pronti a starci con una persona anche quando questa ti causa sofferenza, quando colui che ami ti fa male?
A me e Gabriele è successo di vivere sotto lo stesso tetto ma di essere lontani, estranei, di non saper riconoscerci. Di voler amarci e non riuscire a dimostrarlo, di amarci e farci comunque male.
Com'è sta storia mi sono chiesta? 
Lo amo e gli faccio male. Mi ama e mi fa male. Ecco una grande scoperta: l'amore può far tanto male.
Può far così tanto male che ad un certo punto uno decida che è il caso di chiuderla una storia. Quel qualcuno nel nostro caso ero io.
Un anno fa io ero pronta ad andarmene con le valige, ma sono rimasta.
Sapete perché? Perché Gabriele nonostante gli stessi facendo male con la mia scelta continuava ad amarmi con atti di amore gratuiti.
Sono proprio quegli atti di amore nel dolore che mi hanno svegliato e fatto capire che il mio posto era qui vicino a lui con le nostre diversità da accettare, modalità di relazionarsi da cambiare ed un lungo lavoro su me stessa da fare.
Oggi siamo ancora insieme, con le nostre ferite cicatrizzate, felici di esserci riscelti, una felicità diversa da quella speriamentata i primi mesi di matrimonio, ma comunque piena.
Se siamo qui è grazie a chi ci ha sostenuto con la preghiera, la presenza, l'affetto, un gesto, una parola..
Dio ci ha messo vicino tanti angeli per sostenerci, grazie BOSS!
E buon anniversario Gabrie'!