mercoledì 14 marzo 2018

Nasce V COME MAMMA

Carissimi amici e Carissime amiche,

questo post per dirvi che il blog si è rifatto il look!
Quale look vi chiederete, che ad osservarlo bene sembra sempre lui?!
Tranquilli non soffro di allucinazioni, sono solo molto felice ed orgogliosa di presentarvi "V COME MAMMA", l'evoluzione di "Si può fare: 25anni&2bebè" dove potrete continuare a leggermi e seguirmi.

NO PANIC!
Nessun contenuto andrà perduto: su "V COME MAMMA" troverete tutti i post che ho scritto dal 2012 insieme a quelli nuovi, che piano piano pubblicherò.

Sono passati sei anni, da quando ho aperto il blog come diario per raccontare le mia vita di giovane madre alle prese con due bambini quasi gemelli, che aveva appena perso il lavoro, proprio perché incinta, ma aveva tanta speranza e sogni nel cassetto.  
Da quel giorno ad oggi molte cose sono cambiate, il blog non racconta più solo le mie disavventure di mamma, ma parla di Veronica come donna, professionista, amante di unicorni e del colore rosa pastello.

Nel 2016 ho pensato che fosse arrivato il momento di dare una sistematina al blog, di renderlo più fruibile ed organico, di creare un logo ed un immagine coordinata che rispecchiassero la Veronica di oggi senza dimenticare e/o cancellare il percorso che mi ha portato fino a qui.
"V COME MAMMA" è il  frutto di un lavoro durato quasi due anni: analisi, ricerche, bozze, proposte, accelerate, rallentamenti, revisioni, entusiasmo, fatica e gioia del lavoro di un team composto da me e altre due persone meravigliose, che mi hanno accompagnato in questo viaggio che ha portato a realizzare il nuovo blog.

La sto facendo lunga, bando alle ciance!
Ecco a voi "V COME MAMMA"

Vi aspetto sul nuovo blog!

lunedì 19 febbraio 2018

Ci hanno insegnato a piangere


Provo ad osservarmi e ad ascoltarmi quando piango. Ogni volta che lo faccio mi domando: “Perché piangi?” e le risposte sono sempre le stesse. Piango perché sono arrabbiata e perché sto male, di un dolore che spacca l’anima e il cuore.
Il pianto mi libera.
Il pianto mi mette in connessione con gli altri.
Il pianto mostra la mia vulnerabilità e fragilità.
Il pianto mi aiuta a conoscere le emozioni.
Ho capito che per me è facile accettare la felicità, frequente sperimentare la paura, alienante provare la tristezza e difficile gestire la rabbia.

La rabbia io la vivo e la tocco quotidianamente sia che mi trovi nel traffico sia che stia discutendo con una persona. La rabbia per me è qualcosa di incontrollabile, che molto spesso sfocia in pianto soprattutto quando sto discutendo con qualcuno che mi fa sentire subordinata, quando in una discussione non trovo spazio per argomentare e più in generale tutte le volte che mi sento schiacciata. In tutte queste occasioni la mia ira diventa lacrime e singhiozzi incontrollabili che arrivano improvvisamente, indipendentemente da chi ho di fronte, prendono il sopravvento e vengono letti dagli altri come debolezza. Molto spesso gli da la chiave di accesso per affondare ancora di più il colpo.

Sono trent’anni che piango di rabbia, che non la canalizzo e non la faccio diventare energia proficua e produttiva. Sono trent’anni che nelle discussioni non riesco mai a posizionarmi come vorrei. Sono sempre sbilanciata.
Mi vedo alle elementari quando un giorno la bambina con cui giocavo sempre mi ha detto “da oggi non gioco più con te, scelgo lei”. Ho pianto in classe di rabbia e non sono stata in grado di dirle “peggio per te, chi ci perde sei tu, stronza”. Sarebbe stato più costruttivo, liberatorio e meno doloroso.
Mi vedo alle superiori quando i miei mi dicevano che avevo sbagliato scuola, che avevo scelto male, che non era per me il liceo. Ho pianto di rabbia, perché volevo essere incoraggiata, amata e sostenuta nelle difficoltà. Avrei voluto dirgli ci sono, guardatemi ed invece per tutti i cinque anni ho dimostrato che potevo farcela. Ce l’ho fatta, ma se avessi dato voce alla mia rabbia le mie azioni avrebbero avuto sicuramente un altro sapore.
Tutte le volte che discuto con chi amo, con le persone a cui voglio bene e sono sfastidiata, la mia rabbia sale e piango. Le persone a volte si fermano perché provano pena, mentre altre continuano finché non mi riducono a nulla proprio perché gli porgo il fianco.
Tutte le volte che i miei figli non apprezzano quello che faccio per loro, che mi dicono “che schifo questa cosa che hai cucinato” oppure “tu non mi vuoi bene”, la rabbia vince, piango e do il peggio di me, insegnando loro che piangendo di rabbia si può far sentire in colpa l’altro, che è l’unico modo per  gestire questa emozione, per stoppare una discussione e per far sì che gli occhi dell’interlocutore si posino su di noi.

Se mi comporto così e, molte donne come me lo fanno, è perché l’ho visto fare, perché qualcuno prima di me l’ha fatto e me l’ha insegnato. A partire da quelle stupidissime protagoniste dei cartoni giapponesi anni ’90.
Io vedo mia figlia, ogni volta che è incazzata piange, di un pianto isterico. 
Mi spaventa la sua modalità perché è la stessa mia. Io vorrei, invece, che lei impari a dar voce alle sue emozioni, anche alla rabbia e a posizionarsi nelle relazioni in maniera paritaria.

La rabbia ha il suo linguaggio che va scoperto e comunicato. Non è mai troppo tardi per cominciare.
Albert Mehrabian sostiene che il 55% dei messaggi comunicativi è dedotto secondo il linguaggio del corpo: gesti, mimica facciale e posture.

Cosa comunica il mio corpo quando piango di rabbia?
Mi sono osservata e non mi sono capita. Tutta questa rabbia interna e il mio corpo che dice tutt’altro. Nel mio pianto di rabbia tendo a farmi più piccola, più esile di quello che sono. Mi chiudo, incrocio le braccia ed abbasso gli occhi dialogando con me stessa, dicendomi quello che vorrei dire ma non riesco.
Ho provato recentemente ad allargare le braccia, posandole sui fianchi, ad alzare lo sguardo e a tenere gli occhi aperti. Ho provato a prendermi il mio spazio ad occuparlo, a far capire che sono attenta nella discussione e che ho da dire qualcosa.
La mia voce quando piango di rabbia non è una voce: sono urla soffocate. Ho deciso che non serve urlare, che non serve lasciare appigli per scaardinarmi ancora. Voce ferma e spiegazioni. Le urla alimentano solo la rabbia e non portano alla risoluzione del conflitto.
E’ una fatica bestiale se per tutta la vita tu hai conosciuto il pianto per gestire la rabbia ed un conflitto. Fatichi perché non ti appartiene, perché l’altra modalità è più facile da mettere in pratica, ma è estremamente sconveniente per un solo e semplice motivo: ti ritroverai sempre in una condizione di sudditanza rispetto a chi hai di fronte.

Impariamo ad occupare il nostro spazio nel mondo, nelle discussioni, a catalizzare la rabbia verso forme costruttive e soprattutto insegniamo alle nostre figlie che devono essere pari, aumentiamo la loro autostima insegnandogli la funzione catartica e liberatrice del pianto, insegniamogli che le emozioni correttamente gestite aiutano a vivere meglio  e che la rabbia non va chiusa in un pianto ma gli va data la possibilità di parlare perché questo ci rende libere.




martedì 23 gennaio 2018

Nonostante tutto


"Se ti amo, non va bene.
Se ci sono, non (ti) va bene.
Se non ci sono, non (ti) va bene".

Il mio orecchio cattura questi SE traducendoli in:
"Nell'eventualità che ti amassi, non ti starebbe bene.
Nell'eventualità che ci fossi, non ti starebbe bene.
Nell'eventualità che non ci fossi, non ti starebbe bene comunque".

Mi chiedo se l'amore si dia sotto condizione.
E' così che si esprime l'amore: con i periodi ipotetici, i dubbi e le esitazioni?

Siamo sette miliardi nel mondo, è vero.
Amiamo ognuno a modo nostro, è vero.
Esistono sette miliardi di modi diversi di amare, è vero.
Ma l'amore con il Se non rientra fra questi.

Il se condisce un amore che tanto amore non è, maschera un rapporto di scambio basato sulla quantità, sui numeri.

Per me esiste soltanto "l'amore nonostante tutto".

Nonostante tutto quello che avrebbe potuto o dovuto impedire qualche cosa e tuttavia non l'ha impedito o non lo impedisce:

"Ti amo, nonostante tutto.
Ci sono, nonostante tutto".









domenica 31 dicembre 2017

Annabelle

Un giorno ho chiamato tuo papà e gli ho chiesto: “ti piace il nome Annabelle?”
“Annabelle?”
“Sì, Annabelle”
É stato un po’ zitto poi ha detto si. Ma era un sì poco convinto. Io lo conosco il tuo papà.
“Non ti piace?”
“No é che per me ormai si chiama ...”
Poi siccome ha capito che ero io ad esserci rimasta male mi ha detto: “secondo nome?”
“Secondo nome”, ho risposto sorridendo.

Ma tu Annabelle non sei arrivata, ti abbiamo perduta.

Non scorderò mai gli occhi di tuo papà quando mi ha detto la prima volta “io sono sicuro e tu sei convinta?”
È stato un attimo e le nostre anime si sono connesse.
Ci hai regalato un sogno, che abbiamo coltivato, cercato, sperato ma di cui ora non parliamo nemmeno più.

Nel mio cuore ci sei piccola Annabelle: tanto e sempre, come le parole del tuo papà “io ci penso sempre a lei”, che però ora sono anch’esse relegate chissà dove.

Abbiamo sempre pensato che tu fossi femmina, ogni volta non immaginavamo altro che una bambina con il taglio dei miei occhi ed il colore di quelli del papà. 

Sei stato il sogno più bello del mio 2017, in cui ho riposto tante speranze per una vita migliore.


Ti amo mia piccola Annabelle.

giovedì 28 dicembre 2017

il giorno dopo



Nelle nostre vite ci sono sempre i giorni dopo: ci sono i giorni dopo in cui ti senti pieno felice e carico, quelli in cui sei incazzato nero, quelli apatici, quelli in cui senti i reumatismi dei bagordi e poi ci sono quelli in cui senti tutti gli schiaffi (simbolici) che hai preso, giusti o meno che siano.
Questi ultimi sono difficili da affrontare, sono quelli in cui ti ritrovi a piangere, vorresti urlare ma non sei capace, non vuoi alzarti dal letto ma ti viene da vomitare, provi a metabolizzare le sberle prese. Giorni in cui i pensieri viaggiano, le domande ti affogano e ti chiedi se abbia un senso starci in questo mondo.
Ti chiedi seriamente se non sia meglio scomparire: un pensiero tanto forte quanto vigliacco, anche se richiede una buona dose di coraggio.

C'è speranza?
E mentre il tuo cervello sta per rispondere No, senti in lontananza le voci dei tuoi bambini: la speranza ha il nome dei tuoi figli ed il loro profumo quando mangiano i biscotti.

Piangerai tutte le lacrime del mondo e quando non ce ne saranno più, capirai che è il momento di iniziare a cambiare. Non importa a quale condizione, devi provare a fare di tutto per avere una vita senza rimpianti. Soprattutto per dimostrare prima a te stessa che non sei quella che dipingono e che vali tanto, più della superficie che la gente riesce a vedere e a giudicare.

I cambiamenti costano lacrime, tagli e sacrifici, ma migliorarsi dà la possibilità di aprire nuovi percorsi per vivere meglio ed imparare a stare al mondo.
Il punto è proprio questo: scegliere che realtà vogliamo, che vita vogliamo, che amore vogliamo dare.
L'amore non è un sentimento, ma una decisione: si decide di amare. Il sentimento è l'innamoramento, un sentimento mutevole, destinato a finire.
Sta poi a noi scegliere la vita che vogliamo senza ancorarci nel passato, senza farci schiacciare dal giudizio delle persone ne trovando sempre negli altri il male delle nostre vite.

Siamo fatti per cose grandi, nonostante le avversità.




















lunedì 6 novembre 2017

Sull'Amore - Lettera a Mia figlia

Cara Marghi,
stamattina ti ho accompagnata a scuola e siamo state in silenzio per tutto il viaggio, immerse nei nostri pensieri. Chissà a cosa pensavi, ti guardavo dallo specchietto retrovisore mentre osservavi il mondo dal seggiolino attraverso un finestrino.
In quel momento ho pensato che avrei voluto parlarti dell'Amore, ma non sapevo come affrontare l'argomento, da dove iniziare, mi venivano in mente mille cose che andavano organizzate secondo un filo logico e mentre provavo a dargli un ordine mentale siamo arrivate a scuola.
Non mi rimane perciò che scriverti queste righe che spero leggerai quando sarai grande e che ti possano essere utili, se e quando ne avrai bisogno.

Che cos'è l'Amore Marghi? Intendo l'Amore fra un uomo e una donna o una donna e una donna. Ecco la mamma non sa risponderti in maniera precisa, con una definizione.
Penserai che sia una pazza a volerti parlar d'Amore e non avere le cose ben chiare.
Vorrei solo provare a dirti quello che io ho capito di ciò che noi umani chiamiamo Amore.

Mia piccola Marghi, mi chiedo sempre che cosa sia l'Amore e se io sia in grado di Amare. Spero che te lo chiederai anche tu, perché l'Amore non è una cosa statica, a cui si arriva e ci si ferma. L'Amore è dinamico, cambia, richiede nuove energie, allenamento e tanta tanta resistenza. Domandarselo significa non fermarsi, interrogarsi, alimentare e sperimentare questo Amore.

Vorrei cominciare con il regalarti una frase con cui mia nonna ha cresciuto mia mamma, mia zia e me, le uniche donne della famiglia in un mondo di maschi. "Ragazze ricordatevi quello che è per voi non ve lo toglie nessuno". Ecco Marghi, sappi che per te in questo mondo ci sarà e c'è già  un ragazzo o una ragazza, un uomo o una donna che è per te, che incontrerai, anche attraverso percorsi impervi, e capirai che è la persona destinata a te, perché ti guarderà come qualcuno e non come qualcosa. In questo mondo Marghi, molti sono quelli che ti guarderanno come qualcosa, qualcosa da bramare, da prendere ed usare, e una volta usata ti dimenticheranno. Diffida da questi sguardi bambina mia,  perché sono fatti di emozioni superficiali, di desideri carnali, che possono riempire all'istante, ma che causano molte ferite e non sono la strada della felicità. A desiderare siamo capaci tutti, ad Amare meno.
Non cedere, ribellati e rispondi a chi ti vuole solo perché sei bella.
La tua bellezza va custodita, non svenduta e ricordati sempre che è un dono. La bellezza come ti è stata data ti può essere anche tolta e in quanto dono va custodita. La tua bellezza d'aspetto e d'animo sarà colta, capita ed amata dall'unica persona che è stata pensata per te. Lo capirai perché saprà arrivare dove nessuno si è mai spinto, toccando le corde più profonde del tuo animo facendole vibrare.
Fatti bella per te tesoro ed amati, se non sei in grado di amarti non potrai amare pienamente qualcuno.

L'Amore poi non coincide con l'innamoramento, l'innamoramento è una fase, in cui si va a mille, in cui le emozioni ed i sentimenti prevalgono, in cui tutto è semplicemente fantastico, senza sbavature, la storia perfetta con qualche piccolo litigio che si risolve in breve tempo. Tutto questo ha una fine, l'innamoramento è una curva discendente che tende ad appiattirsi ed è quando siamo in questa fase che iniziamo a metterci a nudo, a scoprire che magari ci sono delle storture, dei lati un po' oscuri in chi abbiamo scelto. Se hai capito che è la persona giusta per te, ricordati che devi sempre negoziare con lui/lei. Non dare niente per scontato, non accettare ciò che non vuoi, non stare in silenzio per quieto vivere. Discuti, litiga, ma trova il compromesso per uscire da ciò che non ti fa stare bene, ascoltando l'altro e le sue esigenze, trovando la soluzione che si confà alle parti. Negoziare è un modo concreto di Amare, è uno strumento per non lasciar andare chi ami, per costruire e custodire.
Negoziare non vuol dire imporre, ricordatelo bene. Presuppone una grande capacità di ascolto e di autocontrollo.

Vorrei poterti dire che l'Amore fa sorridere e riempe il cuore, ma ti illuderei, l'Amore può fare anche molto male, procura ferite, fa versare lacrime, fa sentire parti del corpo che pensavi non potessero provare dolore. Senti tutto Marghi, provale le emozioni positive e negative, sperimentale, perché fortificano e ti faranno capire ciò che vuoi e quello che non vuoi, ciò che ti fa stare bene e quello che ti fa stare male. Da ogni sofferenza uscirai migliore. L'Amore cara mia è anche un percorso di dolore, che scomoda molto.
Marghi, l'Amore non ha zone di comfort, non startene lì comoda ad osservare: non serve a nulla! Serve solo ad arroccarsi su qualcosa che porta  ad appiattirsi. Esci sempre dalla tua tana e rischia, rischia per Amore, infrangi anche le regole se serve, ma non accomodarti mai. Accomodarsi è la fine dell'Amore. L'Amore scomoda e tu scomodati sempre per alimentarlo, non sederti mai, corri sempre la tua corsa, con il passo che ritieni giusto, ma non smettere mai di correre.

L'Amore Marghi, non ha ricette, non esiste una ricetta standard che va bene per tutti. Ognuno costruisce la propria in cui gli ingredienti principali sono i due protagonisti. La vostra ricetta sarà unica come unici/uniche sarete voi due.

Infine Marghi, guardati intorno ed osserva chi abita il mondo. L'Amore si impara osservando chi si ama: basterà guardare due ragazzi che si baciano appoggiati ad una ringhiera che da su un lago per capire l'Amore.
L'Amore è fatto di gesti, anche di parole a cui però devono seguire fatti concreti.
Per trovare la persona giusta per te, passerai per diversi percorsi e persone, che ti daranno degli indizi per farti arrivare a chi è destinato a te. Potrai illuderti di aver trovato la persona della tua vita e la realtà ti ripagherà prendendoti a ceffoni. Rialzati Marghi e continua il tuo percorso: gli occhi che ti vogliono guardare come qualcuno aspettano te e solo te. Devi solo aver il coraggio di cercare, lottare, sperimentare, Amare senza riverse e rischiare, rischiare tanto e tutto.
Buona Vita amore di Mamma.

La tua Mamma sconquassata :-)

Ps. Ricordati che ci sarò sempre per te.



lunedì 30 ottobre 2017

Come sarebbe stato se.

Mamma qualche giorno fa mi ha fatto trovare due scatoloni con degli oggetti per mio figlio.
Dopo averli caricati in macchina mi ha detto: "dentro ci trovi anche le foto della laurea".
Non ho avuto il coraggio di guardare quelle foto fino a qualche giorno fa.
Sono foto di un giorno importante, in cui i miei sogni ed i miei piani per il futuro hanno iniziato a vacillare
Quel giorno sognavo un 110 che non è mai arrivato. E' stata dura per me ricevere un 108.
Tutti mi dicevano "non c'è differenza Vero, sono solo due punti".  Per me la differenza la facevano  proprio quei due punti. Ho vissuto quel 108 come se non fossi stata in grado di raggiungere una vetta.
Le foto che ho riguardato dopo sette anni ritraggono me nell'attesa della proclamazione con un volto trepidante, come se aspettassi quel risultato tanto ambito. In quelle dopo, invece ho la faccia di chi sta per andare ad un funerale. Si percepisce la delusione che ho nei miei confronti.
Per i giorni ed i mesi successivi ho vissuto con il pensiero che ci fosse in me qualcosa di sbagliato. Come se fossi da meno rispetto a chi a quel 110 c'era arrivato.Trovavo ingiusto che la fatica di aver studiato e lavorato insieme, per non gravare sulla mia famiglia, non fosse stata ricompensata nel modo che io ritenveo più giusto.

La vita con i suoi tempi e le esperienze che regala, mi ha permesso di capire che non sono un 110, nè tanto meno un 108, ma una persona non identificabile con voto: non sono quello che gli altri mi appiccicano addosso.
Questo l'ho capito dopo anni: ora che la vita ha demolito piani ed aspettative.
Non è facile da accettare che non siamo una valutazione.
C'è sempre un "se" malato che condiziona i nostri pensieri, le nostre riflessioni ed azioni.
Quando i miei piani, le prospettive future di studio e lavoro che tanto sognavo ed agognavo, sono state spazzate via da qualcosa di più grande che chiamiamo vita, ho iniziato a domandarmi "come sarebbe stata la mia vita se?".
Che vi assicuro è molto peggio del crucciarsi per un 110.

Come sarebbe stata la mia vita se avessi studiato fuori?
Come sarebbe stata la mia vita se non avessi studiato e lavorato?
Come sarebbe stata la mia vita se a quel bambino avessi detto no? Li avrei mai fatti dei figli?
Come sarebbe stata la mia vita se avessi fatto la specialistica?
Come sarebbe stata la mia vita se avessi fatto esperienze all'estero?
Come sarebbe stata la mia vita se non mi fossi sposata? Se avessi continuato a convivere?
Questi e molti altri come e molti altri se hanno attanagliato il mio pensiero ed il mio modo di agire per anni.

Sono caduta in un loop in cui guardavo al mio passato con rimpianto, provando invidia per chi seguiva il percorso canonico della vita, mentre io a 25 anni mi ritrovano fra pannolini, lavori da cercare, casa da gestire, conti da fare e domande a cui rispondere.
Avere dei figli da giovani è bellissimo, perché hai energie, risorse, forze e  volontà che solo i 25 anni possono darti. Diffidate però da chi ve lo spiattella come una passeggiata. Già la maternità non lo è di per sè. In più quando devii da un percorso che la società condivide sperimenti la fatica, il dolore e l'amaro dell'andare controcorrente, perché tutti vanno in una direzione e tu ti senti il salmone che risale il fiume dal verso opposto. Il confronto con gli "altri pesci" è atroce, ti senti inadeguata, perché la gente il primo figlio lo fa a 30/35 anni, non sai con chi parlare, perché i tuoi coetanei nel frattempo sbinbocciano in discoteca e sulla tua vita da madre e moglie poco hanno da dirti o consigliarti.
Ci vuole coraggio a far figli presto in questo mondo in cui tutto è dilatato e anche una buona dose di consapevolezza per accettare la solitudine che può derivarne.

Oggi dopo sette anni, guardandomi indietro sceglierei ancora di essere salmone per raggiungere  la foce del fiume, per immettermi nelle sue acque, risalirle con fatica nuotando controcorrente provando a giungere alla meta.
Mi guardo indietro a ripercorro questi sette anni sentendomi un’ingrata ad aver pensato che i miei figli potessero essere da ostacolo al mio futuro, che mi avrebbero limitata invece che arricchita e rinnovata. Mi sento superficiale.

Se non avessi loro non avrei mai conosciuto l'amore, la paura, l'angoscia, il sapore delle lacrime salate, il gusto amaro del sentirsi non pronta al ruolo di madre.
Se non avessi loro non saprei cosa si prova ad uscire dall'ufficio ed avere la voglia di correre con la macchina per andare a riprenderli.
Se non avessi loro non saprei cosa si prova a trasmettergli una passione, a farli innamorare delle cose semplici e belle.
Se non avessi loro non avrei sperimentato il senso del limite e quello dell'infinito, la sensazione di vuoto e quella della pienezza del cuore.
Se non avessi loro non mi sarei mai riavvicinata con i miei genitori.
Se non avessi loro farei le cose senza prospettiva, senza pensare al futuro, senza interrogativi.
Se non avessi loro non saprei abbracciare, non saprei baciare.
Se non avessi loro non saprei quando una persona è indispensabile e quando no.
Se non avessi loro non saprei pensare per 4, ma solo per me.

Mi guardo indietro e penso che è solo merito loro se oggi posso viaggiare da sola, lavorare, scrivere, dedicarmi al blog e a anche riprendere a studiare.
So lasciarli, vivere il senso del distacco e la gioia del ritorno.
Sono la mia cartina torna sole per tutti gli aspetti della vita e so che è grazie a loro che ho scoperto che non sono il 108 della mia laurea.
Grazie a loro ho capito che nella vita le domande "Come sarebbe se.." non hanno concretezza, fondamento, che la vita non è dietro le spalle ma oltre il mio sguardo.

Grazie Alessandro e Margherita.